

L’imperatore Giustiniano ne decise la ricostruzione, ma con dimensioni e bellezza tali da superare il tempio di Salomone. Fu eretta in cinque anni e mezzo, vi lavorarono diecimila operai, e costò 180 quintali d’oro. Il 27 dicembre 537 Giustiniano in gran pompa, circondato dai dignitari di stato, si recò alla cattedrale su un carro tirato da magnifici cavalli. Ricevuto dal patriarca Nesso, assistette alla cerimonia di consacrazione e a un tratto, levate le braccia al cielo, gridò: “Gloria a Dio che mi ha giudicato degno di terminare quest’opera. Ti ho superato, Salomone!”.
Gli architetti furono Antemio di Tralles, famoso matematico, e Isidoro di Mileto, probabilmente scelti per esperienza pratica e conoscenze teoriche ma dei quali nessun altro edificio è conosciuto.
Enormi erano le dimensioni di pianta (il rettangolo principale misura internamente 69,70 x 74,60 metri), eccezionali quella della cupola (31 metri di diametro) che per di più non poggiava su muri pieni ma era “sospesa nell’aria”, impresa mai tentata prima d’allora.
E, narrano le cronache di Procopio, si deve all’imperatore la decisione di portare a termine la costruzione della cupola nonostante alcuni cedimenti strutturali che si erano verificati in corso d’opera. Procopio racconta anche dell’abbondanza di luce che pareva non provenire dall’esterno, ma prodursi dentro la chiesa: probabilmente le pareti sotto gli archi erano traforate e la luce, entrando, si rifletteva sulle grandi superfici a mosaico.
Vent’anni dopo, le strutture cedettero anche a causa di una serie di terremoti che colpirono Costantinopoli tra il 553 e il 557. La cupola fu subito ricostruita più alta, ma più piccola di diametro, i contrafforti esterni furono alzati fin quasi alla base della cupola. Tuttavia, non si sa come fosse veramente il disegno originario di Antemio e Isidoro che, senza inventare nulla, riuscirono a combinare elementi architettonici noti in modi mai sperimentati prima.

E, narrano le cronache di Procopio, si deve all’imperatore la decisione di portare a termine la costruzione della cupola nonostante alcuni cedimenti strutturali che si erano verificati in corso d’opera. Procopio racconta anche dell’abbondanza di luce che pareva non provenire dall’esterno, ma prodursi dentro la chiesa: probabilmente le pareti sotto gli archi erano traforate e la luce, entrando, si rifletteva sulle grandi superfici a mosaico.
Vent’anni dopo, le strutture cedettero anche a causa di una serie di terremoti che colpirono Costantinopoli tra il 553 e il 557. La cupola fu subito ricostruita più alta, ma più piccola di diametro, i contrafforti esterni furono alzati fin quasi alla base della cupola. Tuttavia, non si sa come fosse veramente il disegno originario di Antemio e Isidoro che, senza inventare nulla, riuscirono a combinare elementi architettonici noti in modi mai sperimentati prima.
Ma come funzionava Santa Sofia nell’era cristiana? Quali le soluzioni più significative? Ecco l’analisi compiuta da Cyril Mango: (1) “Nell’abside c’era un synthronon di sette scalini per il clero [...]. Di fronte al synthronon
c’era un magnifico ciborio con tetto a piramide, che racchiudeva la mensa dell’altare. Il bema, separato dalla chiesa da una transenna formata da dodici colonne, occupava la maggior parte dello spazio coperto della semicupola orientale. Dalla porta del bema un passaggio diretto verso ovest, detto solea, limitato da un parapetto di lastre di marmo, conduceva all’ambone ellittico, una costruzione monumentale situata sull’asse longitudinale della chiesa, leggermente ad est del centro. La piattaforma dell’ambone, da cui si leggeva il Vangelo, si raggiungeva mediante due scalini [...].
Questi elementi erano abbondantemente rivestiti di argento; il che rendeva più brillante la luce dell’interno. Si conservano ancora i “campi” di marmi multicolori (per usare un’espressione cara agli autori medioevali), che suggeriscono alcune interessanti considerazioni. L’unico materiale certamente di spoglio è il porfido egiziano, che a quel tempo non si estraeva più. Le otto colonne di porfido delle esedre sono tutte di dimensioni differenti. Anziché ridurle alla stessa altezza tagliando quelle più lunghe, i costruttori variarono l’altezza dei piedistalli. Il porfido era così prezioso, che per certi rivestimenti fu tagliato in lastre di uno
spessore di pochi millimetri, con spigoli ondulati per nascondere le congiunzioni quando si mettevano insieme pezzi piccoli.
Quasi tutti, o tutti, gli altri marmi furono prodotti appositamente: così le colonne di marmo verde antico della Tessaglia. [... che ...] non sono identiche (nell’ordine maggiore ci sono differenze di 16 cm di diametro) e sono arrotondate molto approssimativamente – un segno della decadenza della tecnica. I capitelli possono essere distinti per gruppi: l’ordine principale ha un capitello d’imposta piuttosto pesante, con volute appena segnate, interamente avvolte in foglie d’acanto intagliate, mentre nelle gallerie le colonne che non appaiono sulla navata hanno capitelli ionici. Le basi sono scolpite rozzamente e formano un blocco unico con il plinto. Le differenze di altezza delle colonne di porfido sono soltanto un esempio minore dell’inosservanza delle regole “classiche” caratteristica di Santa Sofia.

Questi elementi erano abbondantemente rivestiti di argento; il che rendeva più brillante la luce dell’interno. Si conservano ancora i “campi” di marmi multicolori (per usare un’espressione cara agli autori medioevali), che suggeriscono alcune interessanti considerazioni. L’unico materiale certamente di spoglio è il porfido egiziano, che a quel tempo non si estraeva più. Le otto colonne di porfido delle esedre sono tutte di dimensioni differenti. Anziché ridurle alla stessa altezza tagliando quelle più lunghe, i costruttori variarono l’altezza dei piedistalli. Il porfido era così prezioso, che per certi rivestimenti fu tagliato in lastre di uno

Quasi tutti, o tutti, gli altri marmi furono prodotti appositamente: così le colonne di marmo verde antico della Tessaglia. [... che ...] non sono identiche (nell’ordine maggiore ci sono differenze di 16 cm di diametro) e sono arrotondate molto approssimativamente – un segno della decadenza della tecnica. I capitelli possono essere distinti per gruppi: l’ordine principale ha un capitello d’imposta piuttosto pesante, con volute appena segnate, interamente avvolte in foglie d’acanto intagliate, mentre nelle gallerie le colonne che non appaiono sulla navata hanno capitelli ionici. Le basi sono scolpite rozzamente e formano un blocco unico con il plinto. Le differenze di altezza delle colonne di porfido sono soltanto un esempio minore dell’inosservanza delle regole “classiche” caratteristica di Santa Sofia.
Nella navata, alle quattro colonne allineate del pianterreno corrispondono sei colonne al livello della galleria; e nelle nicchie ci sono due colonne in basso e sei in alto; cosicché il ritmo dell’ordine superiore mon corrisponde a quello dell’ordine inferiore: una soluzione poco corretta anche dal punto di vista strutturale. Nel nartece le cinque porte esterne non si trovano, tranne quella centrale, direttamente di fronte alle nove porte interne, e gli archi traversi che partono dalle lesene del muro esterno non sono in relazione con le articolazioni del muro esterno. Entro i limiti, molto ampi, del disegno generale, le variazioni e le
improvvisazioni sono infinite, arrivando talvolta alla pura e semplice trascuratezza.. Questo conferisce all’edificio come un elemento di sorpresa, un senso di vitalità...”
A un interno tanto sfarzoso e imponente si contrappone l’esterno, nudo e pesante, con i contrafforti che si appoggiano all’edificio su tutti i lati. Ma la chiesa non era meglio nel VI secolo, circondata com’era da edifici sussidiari. La facciata meridionale era nascosta dal palazzo del Patriarca, un vasto complesso di edifici di altezza considerevole, in quanto comunicava direttamente con la galleria della chiesa. La facciata a nord era anch’essa chiusa da edifici, come fanno supporre alcuni archi in rovina. Cappelle e annessi si addossavano contro il lato orientale , ma su quello occidentale si trovava un atrio colonnato, di cui nel secolo scorso esistevano ancora i resti, In questo punto il terreno è in forte pendenza, cosicché originariamente doveva esserci una scala che conduceva all’atrio. Salendola, il visitatore giungeva a un ampio cortile di circa 60 x 40 m, con in mezzo una fontana: questo era l’unico punto da cui si potesse avere una visione libera della facciata principale, che era rivestita di lastre di marmo del Proconneso. In seguito, nel Medio Evo, per ragioni ignote, l’ingresso occidentale cadde in disuso e fu sostituito dall’attuale ingresso meridionale completamente privo di monumentalità.

A un interno tanto sfarzoso e imponente si contrappone l’esterno, nudo e pesante, con i contrafforti che si appoggiano all’edificio su tutti i lati. Ma la chiesa non era meglio nel VI secolo, circondata com’era da edifici sussidiari. La facciata meridionale era nascosta dal palazzo del Patriarca, un vasto complesso di edifici di altezza considerevole, in quanto comunicava direttamente con la galleria della chiesa. La facciata a nord era anch’essa chiusa da edifici, come fanno supporre alcuni archi in rovina. Cappelle e annessi si addossavano contro il lato orientale , ma su quello occidentale si trovava un atrio colonnato, di cui nel secolo scorso esistevano ancora i resti, In questo punto il terreno è in forte pendenza, cosicché originariamente doveva esserci una scala che conduceva all’atrio. Salendola, il visitatore giungeva a un ampio cortile di circa 60 x 40 m, con in mezzo una fontana: questo era l’unico punto da cui si potesse avere una visione libera della facciata principale, che era rivestita di lastre di marmo del Proconneso. In seguito, nel Medio Evo, per ragioni ignote, l’ingresso occidentale cadde in disuso e fu sostituito dall’attuale ingresso meridionale completamente privo di monumentalità.
A un interno tanto sfarzoso e imponente si contrappone l’esterno, nudo e pesante, con i cont
rafforti che si appoggiano all’edificio su tutti i lati. Ma la chiesa di Santa Sofia non era meglio nel VI secolo, circondata com’era da edifici sussidiari. La facciata meridionale era nascosta dal palazzo del Patriarca, un vasto complesso di edifici di altezza considerevole, in quanto comunicava direttamente con la galleria della chiesa. La facciata a nord era anch’essa chiusa da edifici, come fanno supporre alcuni archi in rovina. Cappelle e annessi si addossavano contro il lato orientale , ma su quello occidentale si trovava un atrio colonnato, di cui nel secolo scorso esistevano ancora i resti, In questo punto il terreno è in forte pendenza, cosicché originariamente doveva esserci una scala che conduceva all’atrio. Salendola, il visitatore giungeva a un ampio cortile di circa 60 x 40 m, con in mezzo una fontana: questo era l’unico punto da cui si potesse avere una visione libera della facciata principale, che era rivestita di lastre di marmo del Proconneso. In seguito, nel Medio Evo, per ragioni ignote, l’ingresso occidentale cadde in disuso e fu sostituito dall’attuale ingresso meridionale completamente privo di monumentalità.

L’interno è veramente solenne: le enormi dimensioni, le armoniche proporzioni, la profusione di colonne (107), l’altezza della cupola (55 m), la ricchezza delle decorazioni impressionano. Santa Sofia ha una superficie
complessiva di 7.570 metri quadrati che la colloca al quarto posto dopo San Pietro in Roma, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano. Ma sono i suoi celebri mosaici a polarizzare la curiosità e l’ammirazione del visitatore: Cristo che tiene la Bibbia nella mano sinistra e ha la mano destra alzata nell’atto di benedire, la Vergine con in braccio il Bambino tra l’imperatore Giovanni Il Comneno (1118-’43) e l’imperatrice Irene, Cristo sul trono con a fianco due medaglioni raffiguranti Maria e l’arcangelo Gabriele. Ai piedi di questo Cristo un imperatore è raffigurato nell’atto di inginocchiarsi: è forse Basilio I, o Leone VI, perché alla loro epoca (tra 1’867 e il 912) si fa risalire il mosaico.
Il mosaico più ammirato è però quello che sta sopra la porta interna: su uno sfondo d’oro, vivacissimo, la Vergine tiene il Bambino Gesù sulle ginocchia, a destra Costantino I il Grande le presenta il modello della città, a sinistra Giustiniano le offre il modello di Santa Sofia. I due imperatori sono in piedi su uno sfondo di mosaico verde. Le due scritte ai lati delle figure dicono: “Giustiniano illustre”, l’una, e “Costantino, grande re fra i Santi” l’altra.

Il mosaico più ammirato è però quello che sta sopra la porta interna: su uno sfondo d’oro, vivacissimo, la Vergine tiene il Bambino Gesù sulle ginocchia, a destra Costantino I il Grande le presenta il modello della città, a sinistra Giustiniano le offre il modello di Santa Sofia. I due imperatori sono in piedi su uno sfondo di mosaico verde. Le due scritte ai lati delle figure dicono: “Giustiniano illustre”, l’una, e “Costantino, grande re fra i Santi” l’altra.
Dopo questo periodo aureo l’impero si sfasciò per l’imperizia dei successori di Giustiniano e per i gravi dissesti finanziari; il latino, già da tempo caduto in disuso, venne ufficialmente sostituito dal greco; Persiani e Arabi minacciavano Costantinopoli da tutte le parti. Ed è proprio durante l’assedio da parte degli Arabi (672) che Eyüp El Ensari, ultimo compagno di Maometto, cadde attaccando la città dalla parte del Corno d’Oro. Seguì un periodo di
grande confusione: gli imperatori romani iconoclasti erano spesso in contrasto con la Chiesa; Bulgari e Arabi muovevano all’attacco; dinastie si estinguevano e altre salivano al trono; i rapporti con la Chiesa, già tesi, peggiorarono, papi e patriarchi si scomunicarono a vicenda e iniziò lo scisma tra chiesa cattolica e chiesa ortodossa. E poi arrivarono i Crociati della IV crociata che nel 1203 saccheggiarono Costantinopoli: inestimabili tesori d’arte andarono perduti o andarono ad arricchire i musei di mezza Europa. Dopo la spartizione del bottino, nel maggio 1204 venne eletto imperatore Baldovino I delle Fiandre, lo incoronò in Santa Sofia un rappresentante del Papa e fu instaurato il cosiddetto Impero Latino, con capitale Nicea, il quale, però, ebbe vita breve. Tornarono a Costantinopoli gli imperatori greci, ma la città perse tutto il suo splendore e Genova e Venezia lottavano per il predominio economico sulla città. Ed ecco entrare in scena i sultani ottomani che nel frattempo avevano conquistato gran parte dell’Asia Minore, gli assalti si fecero pressanti, per la prima volta Costantinopoli venne assediata dai turchi.
Costantino XII, il Paleologo, fece rinforzare le fortificazioni della città, circondò il Corno d’Oro con una robusta catena di ferro per impedire l’accesso alla flotta turca. Ma ai suoi ventimila uomini, Maometto II che regnava dal 1451, contrappose ottantamila soldati turchi.

Costantino XII, il Paleologo, fece rinforzare le fortificazioni della città, circondò il Corno d’Oro con una robusta catena di ferro per impedire l’accesso alla flotta turca. Ma ai suoi ventimila uomini, Maometto II che regnava dal 1451, contrappose ottantamila soldati turchi.
Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1453 il sultano entrò nel Bosforo con settanta navi da guerra, aggirò il Corno d’Oro facendo scivolare le sue navi su assi unte di grasso, lanciò un ponte di barche tra l’una e l’altra sponda del Corno e attaccò la città su tutti i fronti. I greci difesero eroicamente la città; in quella occasione trovarono la morte lo stesso imperatore e il condottiero genovese Giustiniani, ma attraverso una breccia praticata nelle mura di cinta, il sultano entrò in città. Dopo la conquista, la città incomincerà a chiamarsi Istanbul; Maometto II il Conquistatore trasformò Santa Sofia in moschea (abbellendola con altre opere d’arte: un pulpito in marmo finemente traforato, il coro, la loggia per il sultano, ma, in ossequio alla dottrina islamica che non ammette nella moschea l’effige umana, fece ricoprire di intonaco i mosaici bizantini) (2) e fece costruire altre undici moschee insieme al palazzo imperiale (che in seguito si chiamerà Topkapi.

Più tardi Selim I conquisterà la Siria, la Mesopotamia, l’Egitto e sarà il primo sultano a esser nominato Califfo, ossia capo spirituale di tutti i maomettani.
Solimano il Magnifico (1520-66) fu il più grande dei sultani. Conquistò Belgrado, sconfisse gli Ungari, assediò Vienna: sotto di lui l’impero ottomano raggiunse l’apogeo. E durante il suo illuminato regno il grande architetto Sinan costruì splendide moschee, ponti, fontane monumentali.
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